Maggio, il Mese di Maria (2 Maggio) – “L’Anima e Dio”

Veniamo da Dio: non ci possiamo ingannare. Lo grida l’anima nostra nei suoi momenti migliori, lo grida il mondo con mille voci soavi e solenni.
Non ci siamo fatti da noi: il Signore ci ha creato con misericordiosa bontà, con misteriosa potenza. Ci ha tratto dal fango, ma ci ha plasmato ad immagine e somiglianza sua, ci ha alitato in volto il soffio della vita. Abbiamo un’anima, dono suo, scintilla del suo amore, che fa vivere il povero corpo di terra.

Siamo di Dio. Quando i farisei chiesero insidiosamente a Gesù se era o no lecito pagare il tributo a Cesare, Egli rispose loro: «Ipocriti, perché mi tentate? Portatemi un danaro. E Gesù chiese: «Di chi è quest’immagine e l’iscrizione?» Gli risposero: «Di Cesare». Ed Egli replicò: «Date a Cesare quel ch’è di Cesare, e a Dio quel ch’è di Dio».
Di chi è l’immagine che portiamo in noi? Se siamo segnati col sigillo di Dio, come negheremo il tributo della nostra misera esistenza ai diritti del Creatore? Noi siamo al servizio di Dio: dobbiamo vivere, lavorare per la sua gloria. Nella sua gloria è la nostra felicità: ribellarci a Lui, è ribellarci alla vita e correre alla morte.

Andiamo a Dio. Da Dio a Dio! Perché non ci pensiamo? Perché avvilire l’anima staccandola dal suo fine; perché dare la terra a chi è destinato al cielo? Sarà suo il regno del Padre, purché sia suo il dolore del Figlio.
Dopo la caduta originale, la vita è martirio di purificazione: l’anima deve rifarsi nella imitazione di Nostro Signor Gesù Cristo. Egli ci ha insegnato come si fa ad andare a Dio. Seguiamolo.

O Maria tu non hai voluto che la volontà del Padre, a traverso la contemplazione e l’imitazione del tuo divin Figliuolo. Ch’io segua il tuo esempio, per non smarrire il mio fine. Accompagnami tu sulla via così insidiata e cosi angusta. Ho tanta paura! Mi sono perduto tante volte, e tante volte con la smania d’una luce apparente son caduto nelle tenebre. Ricordami sempre che Gesù è l’unica luce del mondo, e sarò salvo.

ESEMPIO
Ai piedi di Maria, «l’Apostolo dei lebbrosi», il padre S. Damiano De Veuster della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria o detti anche la “Società del Picpus”, sente nascere nel cuore la sua vocazione eroica per condurre anime a Dio.
È ordinato sacerdote nel 1864, in missione. Dopo nove anni di intenso lavoro apostolico, il padre Damiano domanda e ottiene nel 1873 di consacrarsi in un’isola dell’Oceania all’ingrato e glorioso apostolato tra i lebbrosi.


È il principio di una immolazione eroica, di giorno e di notte. L’isola, scrive il Padre, somiglia a un cimitero vivente. E in questo cimitero egli si seppellisce lieto, per seminare nelle anime di quei ruderi ributtanti il germe dell’immortalità. E vi rimane, miracolo di carità, salvatore di anime e di corpi, sino al 1889: sedici anni, in cui il cimitero e la casa dei suoi moribondi sono per lui, secondo la sua stessa parola, il più bel libro di meditazione. E un giorno, come finale, più dolorosa tappa del suo sacrificio, diventa lebbroso. Le ultime righe che scrisse ad un amico furono queste: «Io salgo serenamente la via della croce, e sarò presto sulla cima del mio Golgota». E morì il 15 aprile, dolcemente, come addormentandosi, ricantando le lodi di Maria, “Salute degli Infermi”, che egli aveva eletto a protettrice del suo lebbrosario.

FIORETTO
Visitiamo un’immagine della Madonna e raccomandiamo a lei la salvezza dell’anima nostra. Madonna mia fammi conoscere il mio fine.

GIACULATORIA
Se fra le tenebre quaggiù cammino, Madre, m’illumini l’occhio divino.

FONTI:

“MAGGIO” – Sua Ecc. Gilla Gremigni, M.S.C. Arcivescovo di Novara (XII Edizione) – Ed. Coletti Editore Roma 1964