Maggio, il Mese di Maria (28 Maggio) – NEL DESERTO – (“Gesù fu condotto nel deserto.” Matteo 4, 1)
Nel deserto c’è silenzio. Grande cosa il silenzio in un mondo ch’è tutto nella confusione e nel frastuono. E benedetto il deserto che raccoglie il cuore dell’uomo e lo fa attento alle voci di Dio. L’esempio di Gesù dice chiaramente che non si può conoscere e compiere l’opera del Signore, se uno non si sottrae ai rumori del mondo e non si mette umile al suo cospetto. La voce del Signore risuona d’ordinario all’anima soavissimamente. L’anima sa che Dio parla; l’anima sa che il mondo non intende e contraria le parole di Dio: faccia quindi in modo che il pensiero del Signore possa giungere a lei. Si separi di tempo in tempo, dal mondo; guardi serena l’azzurro immacolato del cielo e lasci che il cielo si avvicini alla terra. «Parla, o Signore, che il tuo servo ti ascolta».
Nel deserto c’è mortificazione. La solitudine è già una mortificazione: mortificazione di cuore, di mente, di lingua. Nel deserto non c’è nulla che lusinghi e rallegri i sensi. Freddo glaciale o calore torrido; vento che porta via o aria micidiale, o ci si contenta di qualche locusta o di un poco di miele selvatico o si muore; non verde che ricrei, non casa che riposi… È il deserto! Gesù c’è stato per quaranta giorni e quaranta notti, e per colmo di pena, alla fine della lunga mortificazione il diavolo gli s’accosta e lo tenta. Ma Gesù vince. Avrebbe vinto anche senza l’asprezza e il digiuno del deserto, perché era Gesù. Ma l’esempio è per noi che, se non amiamo il silenzio e la penitenza, non possiamo vincere in alcun modo gli assalti del diavolo. Non abbiamo dunque paura del deserto.
Nel deserto c’è Dio. Se il deserto vuol dire appunto silenzio, solitudine, mortificazione, facilmente s’intende come l’anima si metta in più intimo rapporto con Dio. Ha il cuore così ricco di tesori per noi il Signore! E non li sappiamo meritare, e non glieli sappiamo neppur chiedere! Gesù ci ha insegnato a pregare, ha insistito perché fossimo perseveranti, tenaci nella nostra preghiera, ci ha assicurato che avremmo ottenuto tutto. Perché non otteniamo? Ci ha anche detto di pregar nel segreto, nella solitudine, e noi non lo ricordiamo. Amiamo il deserto: troveremo più vicino il Signore. E col Signore anche il deserto fiorisce e si popola d’angeli.
O Maria, additami ogni tanto la strada del deserto, e fa’ che Gesù venga con me. Nel deserto possono apparir delle belve a togliermi la tranquillità e a minacciarmi il cammino. Che mi gioverebbe la solitudine, se cedessi alle tentazioni? Che mi gioverebbe la mortificazione, se cadessi nell’orgoglio? Manda Gesù con me e avrò sicurezza di vittoria.
ESEMPIO
Mentre Sant’Arsenio viveva in Roma tra gli agi della sua casa, nel cuore pregava Dio che gli mostrasse la via che salva. E una voce gli disse: «Fuggi gli uomini e sarai salvo in eterno!» Rinunziò senz’altro al mondo: ma la voce più insistente gli ripeté ancora «Va’, cerca la solitudine, cerca il silenzio, cerca il riposo e troverai Dio».
Arsenio intese e andò: visse in silenzio, visse di mortificazione, visse di Dio, e il deserto per lui fiori e si popolò divinamente.
E questa la via dei fedeli servitori di Cristo. E ben a proposito narra la «Vita dei Padri»
che di tre fratelli, i quali volevano nel miglior modo servire il Signore, l’uno s’impose di riportare la pace tra gli uomini in discordia, il secondo di curare gli infermi e il terzo di riposarsi in solitudine. Ma in breve il primo disperò dell’opera sua e ricorrendo al secondo lo trovò ancora più abbattuto di lui. Si recarono allora insieme dall’altro fratello. Questi, dopo aver ascoltato la loro lunga storia dolorosa, versò dell’acqua in un catino dicendo: «Guardatevi in quest’acqua, ora che è agitata cosi» e poco dopo aggiunse: «Guardatevi in essa ora che è ritornata tranquilla».
Questa volta essi videro chiara nell’acqua l’immagine loro. E il fratello spiegò: «Per la stessa ragione, chi vive tra gli uomini non può vedere i propri peccati, mentre nella solitudine l’occhio si fa limpido e nella quiete dell’anima appare ogni ombra di male».
FIORETTO
Imponiamoci tra giorno qualche momento di silenzio, per imparare a moderare la nostra lingua, e col cuore ripetiamo frequentemente: Ave Maria.
GIACULATORIA
Hai visitato la terra e l’hai resa felice.
Sulla mia sterile terra, o Maria:
sian le tue lacrime rugiada pia.
FONTI:
“MAGGIO” – Sua Ecc. Gilla Gremigni, M.S.C. Arcivescovo di Novara (XII Edizione) – Ed. Coletti Editore Roma 1964