Maggio, il Mese di Maria (8 Maggio) – MORTE – (“Beati quei servi che il Signore troverà desti” Luca 12, 37)
La vita è una veglia. Gesù è la luce di questa veglia. In ogni veglia brilla sempre una piccola luce; ma, nella veglia della vita, Gesù splende come il sole che non tramonta.
La vita è sempre breve, anche quando sembra tanto lunga, come è breve ogni veglia, anche se passa la mezzanotte, anche se sente cantare il gallo… Non si sta a veglia se il lume non è acceso, se non c’è almeno una povera stella lontana: come si fa a vivere se Gesù, ch’è la luce del mondo, non illumina la vita? Una volta eravamo tenebre, ora, per Lui siamo luce. Viviamo dunque nella luce, illuminiamo di splendore in Lui anche la morte.
La morte è buona. È buona dopo che Gesù l’ha vinta, morendo. Una volta la morte fu castigo, tremendo castigo, dal quale nessun uomo creato può scampare. Per il dolore e l’amore del Figliuolo di Dio, il castigo diventa redenzione, purificazione, aspirazione, salvezza! E saranno beate quelle anime che, deste al bene, stanno nell’attesa di Lui che ritorna. Ritorna appunto per quella via buia e nascosta che si chiama morte, la buona sorella morte la quale riporta le anime al centro infuocato della loro vita, a Dio, vita eternamente viva. Che sarebbe questa vita senza la morte?
La morte è il principio. Il cristiano risponde così a un mondo che nella morte vede la fine di tutto, e che vive come se il suo tramonto non avesse aurora. Per noi no. La morte è principio di verità, di luce, di amore, di vita. E perciò la Chiesa nel suo martirologio chiama natale il giorno della morte dei Santi. La tomba è la culla: ma soltanto per quanti hanno voluto Dio, in attività amante e dolorante di bene, e sono morti nella sua grazia.
O dolce Maria, fammi amare la morte che mi ricongiunge a Cristo Gesù. Che io non sia come quelli che non hanno speranza. Io credo, spero e amo. Ma son tanto fragile, e il peccato potrebbe essere la tomba della mia vita. O Madre, tu che vincesti la morte e ti addormentasti serena in una gloria di Angeli, per risvegliarti in cielo, ricordami che la carità trionfa della morte e assicura la vita in eterno.
ESEMPIO
Filippo Neri, il Santo di Roma, può chiamarsi davvero l’Apostolo della gioia. Egli soleva ripetere: «Godete nel Signore» e non capiva come possa esser tristezza nelle anime che vanno verso il Paradiso di Dio.
Fin da bambino egli invocava la Madonna col dolce nome di «Mamma mia», e sempre a ognuno diceva: «Amate la Madonna, date alla Madre tutte le tenerezze di figli!»
Il pensiero costante di Gesù e di Maria fu tutta la vita di Filippo Neri, e questo pensiero egli volle coltivare specie nelle anime dei giovanetti, che tanto amava e per i quali fondò la Congregazione dell’Oratorio.
Tra loro il Santo curava particolarmente l’alimento quotidiano della parola di Dio, la frequenza ai Sacramenti e l’assiduità alla preghiera. Egli fu davvero il grande educatore della gioventù.
Nel giorno del Corpus Domini, dopo aver con tanta gioia celebrata la Messa e aver prodigato ancora alle anime i tesori del suo ministero, Filippo s’addormentò beato nella soave visione della Mamma del cielo! Che dolce è la morte per chi guarda a Maria con cuore di figlio.
FIORETTO
Pensiamo spesso alla morte e per amor di Maria suffraghiamo con il Salmo 130 “De Profundis” le Anime del Purgatorio.
GIACULATORIA
Prega per noi nell’ora della nostra morte.
Nell’ora trepida della mia morte, deh, m’apri, o Vergine, del ciel le porte.
FONTI:
“MAGGIO” – Sua Ecc. Gilla Gremigni, M.S.C. Arcivescovo di Novara (XII Edizione) – Ed. Coletti Editore Roma 1964